francescanesimo

SAN FRANCESCO, LA SUA SCODELLA E IL DIGIUNO. PER ESSERE  VICINO AGLI ULTIMI

Felice Accrocca
Pubblicato il 26-04-2017

Il Poverello entrò in confidenza con il digiuno, che gli consentiva di avere non solo il dominio di se stesso e di farne offerta a Dio, ma gli consentiva pure di capire cosa provavano quelli che da mangiare non l’avevano.

Avere più soldi, vivere in una società che, seppure in crisi, è tuttavia attraversata dal benessere, cambia molte cose rispetto a quando, sessanta o settant’anni fa, si era più poveri. Cambia anche il nostro rapporto con il cibo e con i cibi, perché in un primo momento, quando di soldi ne cominciano a girare di più, il vitto senza dubbio migliora, poi – e ci siamo ormai – finisce per peggiorare, perché non ci si nutre più di cose sane e genuine, ma di prodotti preconfezionati, ricchi di conservanti e di calorie, molto spesso pesanti da digerire. Molti tendono così a difendersi dal cibo o sono costretti a farlo: come son lontani quei tempi quando i dietologi non si sapeva neppure cosa fossero… Strane conseguenze della ricchezza: prima ci alletta, poi ci diletta, alla fine ci rigetta!

Il digiuno, in effetti, non fa più notizia, anzi, sembra quasi il benvenuto in un tempo in cui l’obesità è divenuta una minaccia. Al contrario, in un tempo di sesso sfrenato, quando tutto sembra permesso e ogni sana regola morale viene intesa come un tabù d’altri tempi e ogni doveroso limite una violazione alla libertà personale (una libertà che finisce spesso per passare sopra quella degli altri), il dominio di se stessi e delle proprie pulsioni, il vivere in modo casto, per dirla con linguaggio d’altri tempi, fa più rumore dello scoppio di una bomba: Nicola Legrottaglie, quand’era difensore della Juventus, fece discutere più quando dichiarò che da due anni non aveva avuto rapporti sessuali, volendo aspettare di nuovo per quelli il matrimonio, che non per le partite di un intero campionato.

Diversa la situazione quando la gente doveva difendersi dalla fame. Vi sono scenari, oggi, in cui la fame rivela il suo volto tragico, nei quali non si riesce a ridere neppure per tutto l’oro del mondo. Altro che i film di Totò! Era così anche la società in cui visse Francesco, quando il 95% e forse più della popolazione doveva lottare per sfamarsi. Lui no, lui era cresciuto in un ambiente ricco e aveva sempre avuto tutto. Ma quando mutarono i suoi criteri di valori e di giudizio e Dio divenne la sua ragione di vita, quando restituì al padre il denaro e gli abiti, allora la musica cambiò e finì anch’egli a chiedere l’elemosina di porta in porta. “Poiché metteva nella scodella cibi di ogni sorta, molti si stupivano, sapendo come in precedenza era vissuto fra tante delicatezze e vedendolo ora così meravigliosamente cambiato fino a tale dimenticanza di sé”. Ce ne volle perché la mangiasse, ma alla fine, fattosi forza, vi riuscì e ne fu pure contento: era una vittoria su se stesso, e non da poco! D’allora in poi entrò in confidenza con il digiuno, che gli consentiva di avere non solo il dominio di se stesso e di farne offerta a Dio, ma gli consentiva pure di capire cosa provavano quelli che da mangiare non l’avevano. Dovremmo rifletterci su, noi che non vogliamo avere più limiti, che vogliamo aver sempre il controllo di tutto e su tutto e alla fine abbiamo perso il controllo di noi stessi. 

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